Con sankin kotai ("presenza alternata") si intende un sistema di controllo politico-amministrativo ideato dal secondo shogun della famiglia Tokugawa, Iemitsu. Ancora più spietato e abile del suo predecessore, egli riuscì in tal modo a mantenere ed ampliare i suoi domini. La legge richiedeva a ciascun signore feudale (daimyo) di costruire una casa solida a Edo (l'odierna Tokyo) e di abitarvi ad anni alterni, nel corso del suo servizio ala corte dello shogun. L'anno di intervallo doveva essere trascorso negli edifici di proprietà del nobile. I componenti della famiglia del daimyo dovevano invece restare per tutto il loro tempo nella casa a Edo. In tal modo lo shogun si assicurava, in qualsiasi momento, metà dei nobili sotto il suo diretto controllo, e l'altra metà era comunque manovrabile perchè poteva tenere in ostaggio i loro famigliari.
La legge richiedeva inoltre (come se non bastasse!) che nel viaggio dalle sue proprietà a Edo ciascun daimyo portasse con sè l'intero entourage di soldate, dame di compagnia, servitori e artigiani. Naturalmente le dimensioni del seguito erano direttamente proporzionali alla ricchezza del signore feudale, ma anche le spese per il trasferimento lo erano! Tutto ciò allo scopo di impedire al daimyo di avere abbastanza denaro per finanziare un'eventuale rivolta.
Vi erano cinque strade principali per questo "pellegrinaggio" annuale, e la Tokaido, che seguiva il litorale verso Kyoto, era la più frequentata. Veniva utilizzata non solo dai nobili delle province occidentali, ma anche dal normale traffico tra la sede del governo e Kyoto, sede dell'imperatore. Il paesaggio lungo il percorso era bello ma aspro (mare aperto, baie, montagne, alte scogliere, risaie, numerose città e villaggi), e ispirò il grande artista delle incisioni su legno Hiroshige, per la sua opera "53 stazioni della Tokaido".
Il viaggio di un grande signore lungo la Tokaido era uno spettacolo notevole. I nobili venivano traportati con lettighe finemente laccate, mentre i servitori trasportavano ben alti i vessilli con lo stemma del signore. Tutt'intorno c'erano i samurai e gli uomini a piedi. L'effetto generale doveva simboleggiare il potere e l'autorità del daimyo. Tali processioni erano annunciate con buon anticipo per consentire alle stazioni di sosta e alle locande di rifornirsi di generi alimentari e di preparare adeguate sistemazioni. Un cavaliere precedeva il corteo gridando "Giù, giù!" per chiedere alla gente comune di prostrarsi al passaggio del daimyo. I pochi che non erano intenzionato a farlo - per improvvise aspirazioni suicide, forse - avrebbero presto assaggiato la spada dei samurai del signore.
Solo in un'aoccasione era il daimyo a doversi prostrare: quando la sua processione incontrava sulla strada la carrozza di un aristocratico del palazzo imperiale. Per evitare quest'imbarazzo, il daimyo mandava in avanscoperta un cavaliere che doveva offrire doni in denaro all'aristocratico per "suggerirgli" di fare una sosta.